martedì 30 aprile 2013

IL DIVORZIO, LA FAMIGLIA,


Un grosso riassestamento è necessario quando i genitori si separano o divorziano. Nei figli si verifica quasi sempre una sorta di terremoto emotivo che non è possibile assorbire all’istante e che richiede del tempo per essere elaborato, oltre che alcune attenzioni da parte degli adulti. I figli possono già avere sentito parlare di separazioni  e divorzi, ma tutto cambia quando la cosa li tocca direttamente e cominciano a sperimentare la relazione con “un genitore per volta”. Che fare, in concreto, per loro?

 

Una famiglia, tante famiglie


La famiglia è una istituzione misteriosa se si considera che è sempre esistita in tutte le società umane del presente e del passato, ma che può avere strutture molto diverse. Se prendiamo, per fare un esempio, la famiglia “multipla” contadina della pianura padana della prima metà del Novecento (quando più coppie di sposi e la loro numerosa figliolanza vivevano sullo stesso podere e in un unico caseggiato) vediamo che essa era molto diversa  dalle  famiglie cittadine nucleari o seminucleari di oggi, composte da due o un solo genitore e un numero assai ridotto di figli. Analoga differenza esiste tra queste ultime e le famiglie del post-divorzio, composte da due seminuclei che si uniscono. In altre culture  può accadere che il capofamiglia sia il fratello della madre, lo zio materno, oppure la nonna.

Insomma, la famiglia può assumere connotazioni molto diverse in quanto tende ad adattarsi alle condizioni di vita, alle esigenze di lavoro e di sopravvivenza degli individui e delle comunità. I bambini, dal canto loro, sono inclini ad accettare ciò che trovano: per loro va bene la famiglia in cui nascono, purché abbia alcune prerogative irrinunciabili. In famiglia, loro, devono poter trovare ciò di cui hanno bisogno e cioè: affetto, rispetto dei tempi di sviluppo e di loro stessi come individui, disponibilità e responsabilità degli adulti, stabilità, sostegno nella crescita, autenticità nei rapporti. A traumatizzarli sono i cambiamenti improvvisi, le perdite delle figure di attaccamento, le liti ripetute e croniche, l’indifferenza, il caos educativo, l’assenza di linee di condotta, la solitudine, l’abbandono.

Un grosso riassestamento è necessario quando i genitori si separano o  divorziano. Nei figli si verifica quasi sempre una sorta di terremoto emotivo che non può essere assorbito all’istante e che richiede del tempo per essere “elaborato” e alcune attenzioni da parte degli adulti. Essi infatti hanno già sentito parlare di separazioni e divorzi, ma tutto cambia quando la cosa li tocca direttamente.


Dire la separazione

Sono pochi i figli che desiderano la separazione dei genitori; ciò accade soltanto quando le violenze e i litigi sono continui o eclatanti e loro sono abbastanza grandi da capire che non c’è altra via d’uscita. In casi del genere possono essere loro stessi a suggerire ai genitori di separarsi. In tutti gli altri casi i figli subiscono la scelta dei grandi, l’assenza del genitore lontano, e se le ostilità continuano (se sono strumentalizzati come portatori di messaggi sgradevoli, istigati contro l’uno o l’altro genitore) possono soffrire, vivere sensi di ansia, di colpa, di vergogna, fare tentativi per rimettere insieme papà e mamma, cercare di proteggerli, di risolvere i loro problemi… tutto ciò a spese della spensieratezza, dei giochi, dello studio.
Nei bambini c’è la paura latente di poter essere abbandonati e il divorzio rende reale e tangibile questa paura. L'intensità dell’emozione varia però in rapporto alle azioni e reazioni dei grandi. E' massima quando vi è una forte conflittualità e i genitori non comunicano ai figli la loro decisione, non li rassicurano sul fatto che continueranno a vederli, mostrano di non avere il controllo della situazione. Uno dei compiti delle coppie che si separano è perciò quello di spiegare ciò che sta avvenendo. Un altro è quello di non coinvolgere i figli nelle loro dinamiche sentimentali, di non strumentalizzarli per “vincere” sull’ex partner attraverso di loro.
I figli devono poter assorbire questo cambiamento esistenziale (che loro non hanno ricercato) senza grossi traumi e per questo servono parole chiare e rassicuranti. Hanno bisogno di ritrovare al più presto la tranquillità e per questo serve anche saper tacere su particolari che possono turbarli o mettere in cattiva luce un papà o una mamma cui sono affezionati, in cui si identificano o di cui hanno bisogno per essere rassicurati sulla loro identità di maschio o di femmina. I figli che diventano i confidenti dei genitori devono reggere un carico troppo pesante per le loro spalle.    
Un primo passo consiste, dunque, nel comunicare che i genitori si separano. Il genitore che se ne va urlando e sbattendo la porta  può creare un vero e proprio trauma; il figlio si sente abbandonato, impotente e non di rado colpevole. Anche il padre che scompare per lungo periodo adducendo un viaggio, un impegno di lavoro, può generare angosce e tormenti. Un bambino può pensare che non lo rivedrà mai più, che sia morto. 

Nel comunicare la notizia bisogna essere chiari ma non dilungarsi: generalmente i bambini sono troppo scossi per poter sentire altre spiegazioni. Si tornerà sull’argomento in seguito, rispondendo alle loro domande e chiarendo che loro non hanno alcuna colpa per quanto è accaduto.

E’ preferibile, se possibile, che la notizia venga data da entrambi i genitori insieme. Questo elimina la possibilità che il bambino pensi “forse papà non desidera separarsi veramente” o “posso cercare di convincere mamma a cambiare idea”. Se questo non è possibile, bisogna spiegare chiaramente che si tratta di una decisione presa di comune accordo: “mamma e io abbiamo deciso…”.

Le spiegazioni che i bambini si danno dei fatti che succedono rispecchiano ciò che diciamo loro oltre che la loro conoscenza del mondo e i loro bisogni emotivi. Un bambino di 4, 5, 8 anni a cui non sia stata data la notizia della separazione o sia stata detta una bugia o una mezza verità, può pensare che papà se n’è andato perché lui non  vale nulla, e questa considerazione può essere all’origine di autosvalutazione e risentimenti. E’ il caso di Sonia, una bambina vivace di 4 anni e mezzo, che non vede suo padre da circa tre mesi, né ha avuto sue notizie. Le è stato detto che papà è partito per un lungo viaggio. Da qualche tempo, Sonia, ha incominciato a parlare a un papà immaginario e spesso dice che il suo vero papà è il nonno. Quando alla fine papà la chiama al telefono, lei rifiuta di parlargli, lascia cadere la cornetta e scappa via dicendo “brutto… brutto…”. Il fatto si ripete più volte. In seguito, però, chiederà alla baby-sitter l’indirizzo di papà per inviargli una cartolina. Prendere l’iniziativa di rifiutare o accettare il contatto col genitore che l’ha “abbandonata”, dà l’impressione a Sara di riacquistare il controllo sulle scomparse e i ritorni di papà.

E’ meglio annunciare la decisione prima che sia messa in pratica. Se ne parla senza perdere la calma, senza accusare, senza fornire dettagli inutili o angoscianti e consentendo ai figli di porre domande, di esprimere il loro dispiacere e i loro timori. Si spiega che è una questione loro, che i figli non hanno né colpe né responsabilità, che l’amore di papà e mamma resta immutato, che il genitore che si allontana da casa si terrà in contatto e li vedrà spesso, che continuerà ad occuparsi di loro. I figli devono avere la sensazione che la situazione, sia pure spiacevole, è sotto controllo.

Fin dall’inizio i genitori deve sforzarsi di tenere separati i propri sentimenti da quelli dei figli. A parte casi particolari (l’altro è violento, malato di mente, alcolista, criminale, ecc.)  non si chiede di schierarsi con l’uno o con l’altro, né li si manipola sfruttandone l’ingenuità. Non si mettono loro in bocca giudizi o accuse. Non li si istiga contro l’ex in modi più o meno subdoli. Bisogna resistere alla tentazione di usarli come messaggeri o “spie”: poiché si fidano di noi essi rischiano di diventare il nostro capro espiatorio. Assimilando il messaggio al messaggero, possono arrivare a dubitare delle proprie percezioni, confondersi e alla fine convincersi di essere loro la causa di problemi di cui non hanno alcuna responsabilità. E man mano impareranno ad usare quelle stesse strategie di manipolazione che sono state usate con loro…


Parole per crescere

Se, travolti dal risentimento e dalla collera nei confronti dell’ex, non si riesce a pensare anche ai figli, meglio appoggiarsi a qualcuno capace di tranquillizzare i bambini, di spiegare che stanno passando un periodo difficile, ma che col tempo le cose cambiano e migliorano. Molta della nostra comunicazione passa attraverso il linguaggio del corpo, i ritmi e le abitudini, bisogna cercare perciò, soprattutto con i più piccoli, di alterare il meno possibile le loro routine (orari dei pasti, del sonno, dei giochi all’aperto, del bagno, ecc.) che, in momenti di turbolenza, rappresentano dei punti di riferimento sicuri, garantiscono stabilità, continuità. Mauro, 7 anni, ha una notevole proprietà di linguaggio. Parlando ad una amica di famiglia esprime con queste parole il senso di precarietà che sta vivendo: “mamma non è quasi mai a casa la sera”“nessuno mangia più alla stessa ora”“i miei genitori non fanno più nessuna attenzione a me, non mi ascoltano nemmeno”, “dobbiamo fare economia perché papà non ci dà i soldi… secondo te diventeremo molto poveri?”.

Mauro è preoccupato perché ha la sensazione che i suoi genitori abbiano perduto il controllo di loro stessi e dei figli, non rinuncia però a parlare, alla ricerca di spiegazioni che possano rimettere ordine nella sua vita e ridargli fiducia. I bambini separati hanno bisogno della parola più degli altri. Se in una famiglia unita, dove c’è un’intesa di massima, tante cose possono essere taciute e una semplice occhiata è sufficiente per intendersi, quando ci sono dei problemi, parlare diventa indispensabile, sia per poter affrontare tutte le questioni pratiche connesse al cambiamento, che per consentire ai sentimenti di emergere. Non si può far finta che nulla sia accaduto, che tutto sia com’era prima. Ecco alcune domande tipo e relative risposte.

D. Papà se ne è andato perché non mi vuole bene? (5-10 anni)
R. No, assolutamente. Non pensare mai una cosa del genere. Mamma e papà non erano più felici insieme, litigavano spesso così hanno deciso di separarsi. Litigare sempre è brutto. Papà continua a volerti bene come prima e se è possibile anche più di prima.

D. Nessun altro  in classe ha i genitori separati… (6-12 anni)
R. E’ un caso. In altre classi ci sono altri bambini i cui genitori sono separati. Non ti devi sentire a disagio. A volte quando ci sentiamo diversi dagli altri per qualcosa ci vergogniamo, ma è sbagliato. Sarebbe come se, in Africa, un bambino bianco dovesse vergognarsi perché tutti gli altri hanno la pelle nera. Anche se sei l’unico, in classe, ad avere dei genitori separati, la tua non è una condizione eccezionale o strana; non c’è un solo tipo di famiglia, ci sono famiglie con due genitori, famiglie con un solo genitore, famiglie in cui sono anche i nonni, famiglie senza figli, con un solo figlio, con molti figli e ci sono anche famiglie in cui c’è un patrigno o una matrigna. Come vedi le famiglie sono diverse una dall’altra.

D. Papà se ne è andato… te ne andrai anche tu?… (6 anni)
R. Ma che ti viene in mente! Io voglio stare con te, voglio restare in questa casa vicino a voi due che siete i miei figli. Papà se ne è andato soltanto perché io e lui non andavamo d’accordo. Lo sai che lui vi vuole bene…
D. Di notte, quando mi sveglio e penso che papà non dorme più qui ho paura… (7 anni)
R. E’ normale che questo succeda, ogni cambiamento porta con sé qualche problema. Ma nella vita bisogna saper affrontare i cambiamenti e vincere le paure. Non è detto che tu ci riesca subito, ma col tempo ci riuscirai. Se qualche notte hai paura, svegliami senza problemi, parleremo un po’ insieme.

Alcuni bambini hanno fantasie di riunificazione che li portano a fare dei tentativi per rimettere insieme i genitori, per convincerli a riconciliarsi. A volte, più o meno inconsciamente, possono anche creare le condizioni per un incontro: combinando qualche guaio, andando male a scuola, rifiutandosi di tornare a casa dopo le vacanze, ecc. In questi casi, pur mostrando comprensione, bisogna essere fermi.

D. Voglio che papà torni a casa con noi…
R. So che ti dispiace, lo capisco… ma nella vita ci sono tanti cambiamenti e bisogna imparare ad affrontarli. Adesso ti sembra difficile, ma man mano ti abituerai. Anche nonna mi ha detto che tu vorresti che tornassimo insieme, ma questo purtroppo non è più possibile, davvero. Tu però puoi incontrarti con papà  e sentirlo al telefono ogni volta che lo desideri.

Le cose si complicano quando uno dei due genitori non accetta la separazione. Un figlio può allora farsi interprete del desiderio del genitore che più soffre per la separazione escogitando “soluzioni” per incontri. Anche in questi casi è importante scoraggiarlo, chiarendo che sono questioni che riguardano soltanto la coppia. Fino a quando un bambino non rinuncia ai tentativi di conciliazione, resta teso, inquieto e non si adatta al cambiamento.

Passato un periodo iniziale, più o meno lungo, generalmente, i figli, si adattano al nuovo stile di vita. Per facilitare l’adattamento è bene sottolineare gli aspetti positivi della nuova condizione.

D. Preferivo fare le vacanze con tutte e due…
R. Certo, eri abituato così… ma cerchiamo di vedere anche i lati positivi: fai due vacanze, vedi luoghi diversi, conosci persone diverse, ti abitui a viaggiare. Natale e compleanno li festeggi due volte… molti sarebbero contenti di raddoppiare le feste, non credi?
D. Io qui ho tutti i miei giocattoli, nella casa di papà non ci sono le mie cose…  
R. Man mano porterai dei giocattoli nella casa di papà, un pigiama, degli abiti, dei libri che resteranno lì e che, se vorrai, qualche volta porterai da una casa all’altra. Chi l’ha detto che bisogna avere soltanto una cameretta? Avrai due camerette, non una! Adesso ti sembra strano perché non ci sei abituata, ma tra un anno o due ti sembrerà normale. Avrai l’impressione di essere sempre vissuta così. L’importante è che tu ti senta a casa anche da papà. Se ti senti un ospite in visita, lo devi dire a me e a tuo padre.

Per impostare correttamente il dialogo sul tema del divorzio, della separazione, serve conoscere le esigenze dei bambini nelle diverse età.  Se si seguono le linee guida indicate nel box  i figli superano più facilmente la fase di emergenza e si adattano man mano alla nuova situazione.

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