martedì 30 aprile 2013

IL DIVORZIO, LA FAMIGLIA,


Un grosso riassestamento è necessario quando i genitori si separano o divorziano. Nei figli si verifica quasi sempre una sorta di terremoto emotivo che non è possibile assorbire all’istante e che richiede del tempo per essere elaborato, oltre che alcune attenzioni da parte degli adulti. I figli possono già avere sentito parlare di separazioni  e divorzi, ma tutto cambia quando la cosa li tocca direttamente e cominciano a sperimentare la relazione con “un genitore per volta”. Che fare, in concreto, per loro?

 

Una famiglia, tante famiglie


La famiglia è una istituzione misteriosa se si considera che è sempre esistita in tutte le società umane del presente e del passato, ma che può avere strutture molto diverse. Se prendiamo, per fare un esempio, la famiglia “multipla” contadina della pianura padana della prima metà del Novecento (quando più coppie di sposi e la loro numerosa figliolanza vivevano sullo stesso podere e in un unico caseggiato) vediamo che essa era molto diversa  dalle  famiglie cittadine nucleari o seminucleari di oggi, composte da due o un solo genitore e un numero assai ridotto di figli. Analoga differenza esiste tra queste ultime e le famiglie del post-divorzio, composte da due seminuclei che si uniscono. In altre culture  può accadere che il capofamiglia sia il fratello della madre, lo zio materno, oppure la nonna.

Insomma, la famiglia può assumere connotazioni molto diverse in quanto tende ad adattarsi alle condizioni di vita, alle esigenze di lavoro e di sopravvivenza degli individui e delle comunità. I bambini, dal canto loro, sono inclini ad accettare ciò che trovano: per loro va bene la famiglia in cui nascono, purché abbia alcune prerogative irrinunciabili. In famiglia, loro, devono poter trovare ciò di cui hanno bisogno e cioè: affetto, rispetto dei tempi di sviluppo e di loro stessi come individui, disponibilità e responsabilità degli adulti, stabilità, sostegno nella crescita, autenticità nei rapporti. A traumatizzarli sono i cambiamenti improvvisi, le perdite delle figure di attaccamento, le liti ripetute e croniche, l’indifferenza, il caos educativo, l’assenza di linee di condotta, la solitudine, l’abbandono.

Un grosso riassestamento è necessario quando i genitori si separano o  divorziano. Nei figli si verifica quasi sempre una sorta di terremoto emotivo che non può essere assorbito all’istante e che richiede del tempo per essere “elaborato” e alcune attenzioni da parte degli adulti. Essi infatti hanno già sentito parlare di separazioni e divorzi, ma tutto cambia quando la cosa li tocca direttamente.


Dire la separazione

Sono pochi i figli che desiderano la separazione dei genitori; ciò accade soltanto quando le violenze e i litigi sono continui o eclatanti e loro sono abbastanza grandi da capire che non c’è altra via d’uscita. In casi del genere possono essere loro stessi a suggerire ai genitori di separarsi. In tutti gli altri casi i figli subiscono la scelta dei grandi, l’assenza del genitore lontano, e se le ostilità continuano (se sono strumentalizzati come portatori di messaggi sgradevoli, istigati contro l’uno o l’altro genitore) possono soffrire, vivere sensi di ansia, di colpa, di vergogna, fare tentativi per rimettere insieme papà e mamma, cercare di proteggerli, di risolvere i loro problemi… tutto ciò a spese della spensieratezza, dei giochi, dello studio.
Nei bambini c’è la paura latente di poter essere abbandonati e il divorzio rende reale e tangibile questa paura. L'intensità dell’emozione varia però in rapporto alle azioni e reazioni dei grandi. E' massima quando vi è una forte conflittualità e i genitori non comunicano ai figli la loro decisione, non li rassicurano sul fatto che continueranno a vederli, mostrano di non avere il controllo della situazione. Uno dei compiti delle coppie che si separano è perciò quello di spiegare ciò che sta avvenendo. Un altro è quello di non coinvolgere i figli nelle loro dinamiche sentimentali, di non strumentalizzarli per “vincere” sull’ex partner attraverso di loro.
I figli devono poter assorbire questo cambiamento esistenziale (che loro non hanno ricercato) senza grossi traumi e per questo servono parole chiare e rassicuranti. Hanno bisogno di ritrovare al più presto la tranquillità e per questo serve anche saper tacere su particolari che possono turbarli o mettere in cattiva luce un papà o una mamma cui sono affezionati, in cui si identificano o di cui hanno bisogno per essere rassicurati sulla loro identità di maschio o di femmina. I figli che diventano i confidenti dei genitori devono reggere un carico troppo pesante per le loro spalle.    
Un primo passo consiste, dunque, nel comunicare che i genitori si separano. Il genitore che se ne va urlando e sbattendo la porta  può creare un vero e proprio trauma; il figlio si sente abbandonato, impotente e non di rado colpevole. Anche il padre che scompare per lungo periodo adducendo un viaggio, un impegno di lavoro, può generare angosce e tormenti. Un bambino può pensare che non lo rivedrà mai più, che sia morto. 

Nel comunicare la notizia bisogna essere chiari ma non dilungarsi: generalmente i bambini sono troppo scossi per poter sentire altre spiegazioni. Si tornerà sull’argomento in seguito, rispondendo alle loro domande e chiarendo che loro non hanno alcuna colpa per quanto è accaduto.

E’ preferibile, se possibile, che la notizia venga data da entrambi i genitori insieme. Questo elimina la possibilità che il bambino pensi “forse papà non desidera separarsi veramente” o “posso cercare di convincere mamma a cambiare idea”. Se questo non è possibile, bisogna spiegare chiaramente che si tratta di una decisione presa di comune accordo: “mamma e io abbiamo deciso…”.

Le spiegazioni che i bambini si danno dei fatti che succedono rispecchiano ciò che diciamo loro oltre che la loro conoscenza del mondo e i loro bisogni emotivi. Un bambino di 4, 5, 8 anni a cui non sia stata data la notizia della separazione o sia stata detta una bugia o una mezza verità, può pensare che papà se n’è andato perché lui non  vale nulla, e questa considerazione può essere all’origine di autosvalutazione e risentimenti. E’ il caso di Sonia, una bambina vivace di 4 anni e mezzo, che non vede suo padre da circa tre mesi, né ha avuto sue notizie. Le è stato detto che papà è partito per un lungo viaggio. Da qualche tempo, Sonia, ha incominciato a parlare a un papà immaginario e spesso dice che il suo vero papà è il nonno. Quando alla fine papà la chiama al telefono, lei rifiuta di parlargli, lascia cadere la cornetta e scappa via dicendo “brutto… brutto…”. Il fatto si ripete più volte. In seguito, però, chiederà alla baby-sitter l’indirizzo di papà per inviargli una cartolina. Prendere l’iniziativa di rifiutare o accettare il contatto col genitore che l’ha “abbandonata”, dà l’impressione a Sara di riacquistare il controllo sulle scomparse e i ritorni di papà.

E’ meglio annunciare la decisione prima che sia messa in pratica. Se ne parla senza perdere la calma, senza accusare, senza fornire dettagli inutili o angoscianti e consentendo ai figli di porre domande, di esprimere il loro dispiacere e i loro timori. Si spiega che è una questione loro, che i figli non hanno né colpe né responsabilità, che l’amore di papà e mamma resta immutato, che il genitore che si allontana da casa si terrà in contatto e li vedrà spesso, che continuerà ad occuparsi di loro. I figli devono avere la sensazione che la situazione, sia pure spiacevole, è sotto controllo.

Fin dall’inizio i genitori deve sforzarsi di tenere separati i propri sentimenti da quelli dei figli. A parte casi particolari (l’altro è violento, malato di mente, alcolista, criminale, ecc.)  non si chiede di schierarsi con l’uno o con l’altro, né li si manipola sfruttandone l’ingenuità. Non si mettono loro in bocca giudizi o accuse. Non li si istiga contro l’ex in modi più o meno subdoli. Bisogna resistere alla tentazione di usarli come messaggeri o “spie”: poiché si fidano di noi essi rischiano di diventare il nostro capro espiatorio. Assimilando il messaggio al messaggero, possono arrivare a dubitare delle proprie percezioni, confondersi e alla fine convincersi di essere loro la causa di problemi di cui non hanno alcuna responsabilità. E man mano impareranno ad usare quelle stesse strategie di manipolazione che sono state usate con loro…


Parole per crescere

Se, travolti dal risentimento e dalla collera nei confronti dell’ex, non si riesce a pensare anche ai figli, meglio appoggiarsi a qualcuno capace di tranquillizzare i bambini, di spiegare che stanno passando un periodo difficile, ma che col tempo le cose cambiano e migliorano. Molta della nostra comunicazione passa attraverso il linguaggio del corpo, i ritmi e le abitudini, bisogna cercare perciò, soprattutto con i più piccoli, di alterare il meno possibile le loro routine (orari dei pasti, del sonno, dei giochi all’aperto, del bagno, ecc.) che, in momenti di turbolenza, rappresentano dei punti di riferimento sicuri, garantiscono stabilità, continuità. Mauro, 7 anni, ha una notevole proprietà di linguaggio. Parlando ad una amica di famiglia esprime con queste parole il senso di precarietà che sta vivendo: “mamma non è quasi mai a casa la sera”“nessuno mangia più alla stessa ora”“i miei genitori non fanno più nessuna attenzione a me, non mi ascoltano nemmeno”, “dobbiamo fare economia perché papà non ci dà i soldi… secondo te diventeremo molto poveri?”.

Mauro è preoccupato perché ha la sensazione che i suoi genitori abbiano perduto il controllo di loro stessi e dei figli, non rinuncia però a parlare, alla ricerca di spiegazioni che possano rimettere ordine nella sua vita e ridargli fiducia. I bambini separati hanno bisogno della parola più degli altri. Se in una famiglia unita, dove c’è un’intesa di massima, tante cose possono essere taciute e una semplice occhiata è sufficiente per intendersi, quando ci sono dei problemi, parlare diventa indispensabile, sia per poter affrontare tutte le questioni pratiche connesse al cambiamento, che per consentire ai sentimenti di emergere. Non si può far finta che nulla sia accaduto, che tutto sia com’era prima. Ecco alcune domande tipo e relative risposte.

D. Papà se ne è andato perché non mi vuole bene? (5-10 anni)
R. No, assolutamente. Non pensare mai una cosa del genere. Mamma e papà non erano più felici insieme, litigavano spesso così hanno deciso di separarsi. Litigare sempre è brutto. Papà continua a volerti bene come prima e se è possibile anche più di prima.

D. Nessun altro  in classe ha i genitori separati… (6-12 anni)
R. E’ un caso. In altre classi ci sono altri bambini i cui genitori sono separati. Non ti devi sentire a disagio. A volte quando ci sentiamo diversi dagli altri per qualcosa ci vergogniamo, ma è sbagliato. Sarebbe come se, in Africa, un bambino bianco dovesse vergognarsi perché tutti gli altri hanno la pelle nera. Anche se sei l’unico, in classe, ad avere dei genitori separati, la tua non è una condizione eccezionale o strana; non c’è un solo tipo di famiglia, ci sono famiglie con due genitori, famiglie con un solo genitore, famiglie in cui sono anche i nonni, famiglie senza figli, con un solo figlio, con molti figli e ci sono anche famiglie in cui c’è un patrigno o una matrigna. Come vedi le famiglie sono diverse una dall’altra.

D. Papà se ne è andato… te ne andrai anche tu?… (6 anni)
R. Ma che ti viene in mente! Io voglio stare con te, voglio restare in questa casa vicino a voi due che siete i miei figli. Papà se ne è andato soltanto perché io e lui non andavamo d’accordo. Lo sai che lui vi vuole bene…
D. Di notte, quando mi sveglio e penso che papà non dorme più qui ho paura… (7 anni)
R. E’ normale che questo succeda, ogni cambiamento porta con sé qualche problema. Ma nella vita bisogna saper affrontare i cambiamenti e vincere le paure. Non è detto che tu ci riesca subito, ma col tempo ci riuscirai. Se qualche notte hai paura, svegliami senza problemi, parleremo un po’ insieme.

Alcuni bambini hanno fantasie di riunificazione che li portano a fare dei tentativi per rimettere insieme i genitori, per convincerli a riconciliarsi. A volte, più o meno inconsciamente, possono anche creare le condizioni per un incontro: combinando qualche guaio, andando male a scuola, rifiutandosi di tornare a casa dopo le vacanze, ecc. In questi casi, pur mostrando comprensione, bisogna essere fermi.

D. Voglio che papà torni a casa con noi…
R. So che ti dispiace, lo capisco… ma nella vita ci sono tanti cambiamenti e bisogna imparare ad affrontarli. Adesso ti sembra difficile, ma man mano ti abituerai. Anche nonna mi ha detto che tu vorresti che tornassimo insieme, ma questo purtroppo non è più possibile, davvero. Tu però puoi incontrarti con papà  e sentirlo al telefono ogni volta che lo desideri.

Le cose si complicano quando uno dei due genitori non accetta la separazione. Un figlio può allora farsi interprete del desiderio del genitore che più soffre per la separazione escogitando “soluzioni” per incontri. Anche in questi casi è importante scoraggiarlo, chiarendo che sono questioni che riguardano soltanto la coppia. Fino a quando un bambino non rinuncia ai tentativi di conciliazione, resta teso, inquieto e non si adatta al cambiamento.

Passato un periodo iniziale, più o meno lungo, generalmente, i figli, si adattano al nuovo stile di vita. Per facilitare l’adattamento è bene sottolineare gli aspetti positivi della nuova condizione.

D. Preferivo fare le vacanze con tutte e due…
R. Certo, eri abituato così… ma cerchiamo di vedere anche i lati positivi: fai due vacanze, vedi luoghi diversi, conosci persone diverse, ti abitui a viaggiare. Natale e compleanno li festeggi due volte… molti sarebbero contenti di raddoppiare le feste, non credi?
D. Io qui ho tutti i miei giocattoli, nella casa di papà non ci sono le mie cose…  
R. Man mano porterai dei giocattoli nella casa di papà, un pigiama, degli abiti, dei libri che resteranno lì e che, se vorrai, qualche volta porterai da una casa all’altra. Chi l’ha detto che bisogna avere soltanto una cameretta? Avrai due camerette, non una! Adesso ti sembra strano perché non ci sei abituata, ma tra un anno o due ti sembrerà normale. Avrai l’impressione di essere sempre vissuta così. L’importante è che tu ti senta a casa anche da papà. Se ti senti un ospite in visita, lo devi dire a me e a tuo padre.

Per impostare correttamente il dialogo sul tema del divorzio, della separazione, serve conoscere le esigenze dei bambini nelle diverse età.  Se si seguono le linee guida indicate nel box  i figli superano più facilmente la fase di emergenza e si adattano man mano alla nuova situazione.

lunedì 29 aprile 2013

COME ESSERE FEDELE PER TUTTA LA VITA


Non si tratta di sapere se il giorno del mio matrimonio sono certo, o certa, di restare fedele per tutta la vita, quanto piuttosto di domandarmi se ho proprio deciso che l'uomo, o la donna, della mia vita siano quello, o quella, che ho scelto. Ogni giorno siamo chiamati a rinnovare l'impegno preso in Chiesa il giorno del nostro matrimonio, nel «sì» che diciamo liberamente all'altro in ogni atto della vita quotidiana: «lo mi dono a te e ti ricevo». Essere fedeli significa crescere insieme in questo dono reciproco che è iniziato il giorno del nostro matrimonio e che si dispiegherà sempre di più col passare degli anni. Ci vuole tempo per crescere, per costruirsi. E' un progetto da inventare insieme. E' poter dire all'altro: «Qualunque cosa succeda io sarò con te, nei tuoi momenti felici e in quelli tristi».
  •  Fedeltà è, per esempio, la testimonianza di questa donna che, avendo perso il marito dopo cinquant'anni di vita comune, affermava: «Avevamo ancora tante cose da dirci!». Credere nell'altro, sperare nell'altro, essere attenti all'altro, questo è il cammino della fedeltà. Cammino a volte difficile, esigente, ma fonte di felicità e di  pienezza.
  •  Essere fedeli non significa tuttavia essere immuni da tentazioni. Se la fedeltà è un cammino, una costruzione, devo imparare a rispettare quei segnali che mi aiutano a restare fedele. L'indifferenza verso l'altro ucciderà la fedeltà: non avere un po' di tempo da dedicargli, mettere prima di tutto la mia carriera, la mia realizzazione personale, le mie attività sportive, musicali... i miei amici e le mie «pubbliche relazioni»... Sono libero, voglio conservare la mia libertà,... A poco a poco la comunicazione non esiste più, ognuno vive per se stesso invece di vivere per l'altro e a questo punto, insoddisfatti e messi davanti alle molteplici tentazioni della vita, si è tentati di rompere la fedeltà promessa.
  •  Occorre un'attenzione vigile, va messa una «custodia» sul nostro cuore, sui nostri occhi, sul nostro corpo e sul nostro linguaggio per preservare la nostra fedeltà come si preserva un tesoro prezioso. Le tentazioni del mondo in cui viviamo sono forti : pornografia ostentata, banalizzazione dell'alto sessuale, ricerca del piacere per se stesso, provocazioni della moda, films che danno valore all'infedeltà,... Tanti disordini che possono ferirci nella nostra fedeltà. La promessa di fedeltà ci appare come un'audacia, un rischio in cui solo Dio, che è eternamente fedele, può garantire la nostra fedeltà. Più accoglieremo l'altro attingendo all'amore di Dio, più crescerà la nostra fedeltà.
  •  Il sacramento del matrimonio è la sorgente inesauribile alla quale, ogni giorno, potremo attingere per alimentare la nostra fedeltà quotidiana. L'amore che scaturisce da Dio può vincere la scommessa della fedeltà, ricordando in ogni momento questa parola che Gesù rivolge ad ognuno di noi: 


COME FARE RESISTERE UNA ISTORIA D'AMORE


Tutta la nostre vita basata su rapporti di amore, amicizia, relazione, lavoro. sarebbe inutile se tutto ciò non esistesse.
E’ necessario avere sempre accanto qualcuno con cui poter relazionare, confrontare, consigliare, condividere momenti belli o brutti, anche se alle volte le diversità di pensiero portato ad avere degli scontri che se avessimo un po più di buon senso, ed elasticità di pensiero potremmo evitare.
Bisogna soprattutto capire gli altri, condividere il loro modo di agire e pensare, accettarlo anche se le nostre idee non collimano con la persona che sta dall'altra parte, e non lasciarci travolgere dall'ira e dalla ribellione che avvertiamo in noi come se avessimo dentro un vulcano pronto ad esplodere.
Dobbiamo soprattutto recepire, che non tutto quello che noi pensiamo o facciamo corrisponde al giusto, ed accettare con ragionevolezza tutto quello che l’altra parte ci comunica, discuterne, confrontarci e soprattutto stare ad ascoltare la persona che ci sta di fronte, è inevitabile che in un rapporto a due nascano divergenze per differenze caratteriali o di pensiero, tocca a noi con tanta intelligenza saper gestire la situazione con molto altruismo e consapevolezza.
Cerchiamo di risolvere i nostri problemi con la persona amata con dignità e maturità senza mai pensare di vendicarci per poter risolvere un problema, se ci comportassimo così sarebbe soltanto come la risposta di un bambino a cui non hai voluto dare un giocattolo, quindi donne  in qualsiasi situazione dimostrate la vostra maturità.
Ascoltare, ascoltare. ascoltare, è quello che non siamo abituati a fare coinvolti dal nostro ” io ” dalle nostre ragioni, dalla voglia di difenderci, quindi comprensione, calma, consapevolezza, è tutto ciò che dobbiamo mettere in atto per continuare la bellissima storia d’amore con il nostro uomo.

giovedì 25 aprile 2013

SI PARLA DI DEPRESSIONE


Si Parla Spesso de depressione nel Quadro Generale delle Nazioni Unite o, Nello Specifico, di Depressione post-parto o dopo eventi il Che SI possono rivelare traumatici per la persona il Che li vive. Una Realtà diffusa, ma non trattata con la medesima ATTENZIONE, E La Depressione conseguente Il Giorno del sì : Il matrimonio può infatti Essere Causa di Momenti bui Nella donna, di Momenti di giù il Che vanno affrontati Nel Modo Giusto. Vediamo venire.

Nella Depressione post-matrimonio Si Può Cadere fácilmente, per svariati Motivi: i preparativi delle nozze, l'ansia Che derivati ​​dall'attesa di Quel Giorno, il doversi poi abituare un Ritmi ea Dinamiche di Vita Differenti, Sono Tutte causa di Una possibile Depressione , SOPRATTUTTO SE il soggetto il Che SI ritrova a Vivere Tutto cio ha Onu Carattere fragile.
Un Fattore diffuso e Il Senso di solutudine : chi prima del matrimonio non conviveva ed era quindi abituato alle attenzioni dei genitori, dei fratelli o delle proprie sorelle, puo da subito ONU Forte Senso di Perdita affrontando La Nuova Vita al Fianco di ONU Marito talvolta assente una . Causa del Lavoro
Vediamo venire ovviare a this situazione e venire scongiurare L'arrivo di QUESTO Stato d'animo:
- Accetta il Cambiamento : il Primo Passo per EVITARE di Cadere nella sezione Un Eventuale sconforto Consiste Nel Capire il Che Nella Vita SI DEVE Crescere. I cambiamentei Arrivano, le PERSONE Maturano e vanno avanti per la Loro strada. A Voi non Resta Che fare lo Stesso, e il matrimonio E Fatto per permettere di iniziare QUESTO percorso non da soli, ma a tempo debito.
- Alle prime avvisaglie di solitudine o di noia, Semper Parlane con il compagno . Attenzione a farlo però Nel Modo Giusto:. Vietato lamentarsi, argomentate e affrontate la Cosa a Mente lucida e con spirito d'Indagine L'idea: per le sposine casalinghe e il Che possono avvertire ONU Senso di solitudine Maggiore RISPETTO un chi ha Ritmi di Lavoro Serrati , c'e la possibilita di riempire QUESTO vuoto in Molteplici modi, Dagli hobby alla cura di animale domestico delle Nazioni Unite, il Che Cosa riempie di gioia e AIUTA a temprare Caratteri non Molto Forti.
- Accettate l'incognita del Futuro: Spesso l'ansia pre-nozze sfocia in UNA paura, Quella Che la persona Scelta non SIA la persona Giusta. Una paura Che Puo Andare Oltre Il Giorno del SI, QUANDO Tutto solitamente torna a Posto. In QUESTO funzione caso bisogna saper Lavorare su se Stessi, sul Proprio rapporto, scacciando le inutili illazioni e Gli scherzetti il ​​Che La mente talvolta tende a tariffa.
- Se la situazione non E invece gestibile, Si avverte Onu Malcontento forte, un'incompresinsibile irrequietezza e ONU Senso di disagio Nel rapporto, E Il caso di chiedere l'Aiuto di Uno specialista.La Depressione e Una vera Malattia e va trattata da favola prima il Che conduca a conseguenze disastrose per se Stessi e per la coppia.

mercoledì 24 aprile 2013

6 CONSIGLI PER DIRLI DI NUOVO "SI" ALL'AMORE


Si potrebbe pensare che sia più facile lasciare, che essere lasciati. Ma non è sempre così semplice! Sul momento, si ha l’impressione di non riuscire più ad alzarsi. Fortunatamente hai ben altro da fare e non c’è tempo per abbatterti… Mostrati decisa a non respingere le frecce di Cupido. Ecco qui « la prova del 6 »!
Dopo aver a lungo riflettuto sul da farsi, hai preso la decisione giusta, l’hai annunciata e accettata. Rompere è il primo passo. Rispettarlo, e ricominciare poi, si rivela essere, talvolta, un vero percorso ad ostacoli. I nostri consigli per smetterla di piangere e cominciare a rialzarsi.

Resistere!

L’hai lasciato… La parte più difficile è andata, o almeno questo è quello che credi. Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, arrivano presto nuove prospettive e punti di vista a tormentarti. Spesso provengono dal tuo entourage più stretto (amici, famiglia e colleghi di lavoro). Alcuni ti sostengono con un « Hai fatto bene, non ti meritava », o un « Ti sei liberata di un bell’impiccio ». Altri al contrario intonano un « Non troverai mai di meglio, era una perla rara… »
Il consiglio: « Queste osservazioni sono il riflesso della tua ambivalenza interiore », nota Patricia Delahaie autrice di « Comment guérir du mal d’amour » (« Come guarire dal male d’amore » [N.d.T.]). Anche se la decisione è maturata nel tempo, una volta consumata la rottura, le domande sulla scelta che hai fatto sono inevitabili. Annotati in un quaderno il perchè hai deciso di rompere, in modo da ricordartene al momento opportuno, rinforzando così la tua scelta.

Scacciare il senso di colpa!

Quando si è già vulnerabile per la rottura, a volte basta un nonnulla perché il senso di colpa invada il tuo spazio vitale. La maggior parte del tempo si manifesta in reazione ad un supposto errore o a rimorsi intimamente legati all’idea che le cose sarebbero potute andare diversamente. Senza dimenticare la reazione del partner, le eventuali telefonate (tutte alquanto infelici) o il suo aspetto da cane bastonato, che non aiutano di certo… Tutto questo può seriamente mettere a dura prova la tua determinazione a voltare pagina.
Il consiglio : « Il senso di colpa va di pari passo con una responsabilizzazione eccessiva» spiega Patrice Delahaie. Forse tendi a sentirti responsabile della gioia e del malessere altrui? A cominciare dal tuo ex… Ma se esiste una responsabilità di cui farsi carico, è quella del tuo benessere. La soluzione migliore è concederti un po’ di tempo per prenderti cura di te stessa. Fai una lista di tutto ciò che non avevi più il tempo o l’energia di fare quando eri in coppia… E impegnati davvero ».

Accettare la sofferenza!

Se ti senti triste, è normale. Essendo ogni tristezza legata all’idea di perdita, la tua rottura ne è molto semplicemente la causa. Siamo tristi perchè qualcosa è cambiato. É una fase transitoria che deve permetterti di accettare la nuova realtà, occorre elaborare il lutto di ciò che non c’è più. Più facile a dirsi che a farsi!
Il consiglio: « Non si lascia solo un compagno, ma un contesto. E che tu sia o meno all’origine della separazione la realtà non cambia » precisa Patricia Delahaie. La cosa migliore da fare è lasciarsi prendere dall’emozione, esprimendola, piangendo… Molto semplicemente, come farebbe un bambino. Senza preoccuparsi di ciò che ci passa per la testa. Le lacrime hanno la funzione di lavarci dagli agenti stressanti che secerniamo quando siamo sconvolti. Possiamo in seguito concederci il lusso di parlarne e di farci consolare finché non emerga nuovamente il desiderio di stare bene.

Lottare contro il fallimento!

Finire una relazione che non è giusta per noi è prima di tutto una vittoria…Tuttavia il senso di fallimento che ne deriva è quasi inevitabile. Avere iniziato questa rottura permette di sentirsi meno minacciati, ma è una tappa che in ogni caso ti rende vulnerabile.
Il consiglio: «  Ci abbiamo creduto ma, alla fine, la sensazione di non avercela fatta prevale » rivela Patricia Delahaie. Ancora una volta, è questione di tempo. Questo momento di confusione va spesso di pari passo con la rottura, ma dovrebbe poi cedere il passo al sollievo di aver fatto la scelta giusta. La soluzione ? Armarsi di santa pazienza! La situazione sfocerà sicuramente in un nuovo benessere e troverai piano piano un equilibrio.

Fare il punto!

Al momento di una rottura la tentazione di fare tabula rasa, e di rifarsi una vita, è forte. Riscrivere la storia della propria vita partendo da zero. In realtà, si tratta piuttosto di continuare a scrivere, tenendo conto degli errori del passato e di ciò che questi ci hanno insegnato…
Il consiglio: La vita di coppia ti ha fatto attraversare diverse prove, qualunque esse siano, che ti hanno fatto crescere. « Fare il punto, a mente fredda, ci fa progredire » suggerisce Patricia Delahaie. Conoscendoti meglio, ti regali nuove chances per andare verso una direzione che ti si addice maggiormente.

Sperimentare l’ottimismo.

Il pericolo, quando si provoca una rottura, è di urlare forte e chiaro « io non ci casco più! ». Protetta dal tuo muro difensivo, rischi di chiuderti ad ogni altro incontro. Ma se invocare l’aiuto di Cupido, subito dopo la rottura, non è consigliabile, il contrario lo è altrettanto.
Il consiglio: Una volta superato il lutto della separazione (un momento diverso e personale per ognuno), mostrati ottimista. Dopo tutto, gli uomini non sono tutti dei vigliacchi, e le donne non sono tutte seduttrici senza cuore. Abbi fiducia, ritrova il piacere d’amare, a cominciare da te stessa, è senza dubbio il modo migliore per incontrare un nuovo amore, questa volta più in sintonia con la tua personalità

    CRISI DI COPPIA


    E’ noto che, negli ultimi anni, siano aumentati i divorzi e le separazioni, anche in Italia.
    Quale effetto può avere sulla psiche una perdita affettiva dovuta a una separazione, divorzio, più o meno precoce?
    A livello psicologico la perdita affettiva è un momento sempre delicato e un fattore di rischio per problemi o disturbi psichici.
    Le reazioni alla perdita affettiva dipendono dalla personalità di chi subisce la perdita, da precedenti eventi stressanti o traumatici durante la vita, dalle possibilità di accettare gradualmente la nuova situazione, e dalle modalità con cui è avvenuta la perdita.
    Più intenso era il legame tra i partner ed eventuali figli della coppia, più i vissuti di perdita saranno dolorosi durante e dopo la separazione.

    Che cosa è una coppia?
    Una coppia è definita tale quando, a prescindere dal sesso e dallo stato giuridico, condivide tre ambiti:
    -quello affettivo-emotivo
    -quello sociale
    -quello sessuale.
    La coppia entra in crisi quando almeno uno dei tre aspetti è costantemente assente o carente, a meno che non si tratti di sintomi che sono compensatori e che insorgono in un momento di stress, come tentativi di soluzione.
    La relazione di coppia funzionale si caratterizza per impegno, complicità e fiducia, ma anche da momenti di disimpegno, provocazione, ostilità ed estraniazione, sentimenti ed emozioni in contrasto che convivono e che bisogna saper riconoscere, accettare e gestire.
    I problemi ed i disagi sorgono quando si instaurano schemi rigidi di comunicazione e relazione.
    L’analisi e la valutazione di coppia riguarda lo spazio relazionale ( tutti i livelli di relazione).
    Lo psicologo interverrà nel rapporto di coppia prestando attenzione ai cambiamenti dei livelli emotivo, comportamentale e cognitivo e non trascurerà l’evoluzione del contesto e delle interazioni.
    Quando i partner si rivolgono allo psicologo, può essere che abbiano obiettivi differenti.
    Ad esempio: uno di loro vuole cambiare e l’altro no; uno vuole incontri individuali ma l’altro no, etc…
    A volte uno dei due membri della coppia porta l’altro dallo psicologo, mentre quest’ultimo non vuole il suo aiuto.
    Le disfunzioni nascono nei rapporti sbilanciati in modo troppo rigido, con uno dei due che è sempre in posizione dominante e l’altro dipendente, o nei rapporti in cui i membri fanno di tutto per cercare di somigliarsi.
    Una coppia entra in crisi quando, a parte i normali momenti di ostilità e incomprensione, vive la ripetitività, la ridondanza, lo stabilizzarsi di modalità connotate da litigi, contrasti, incomprensioni, il costante ripetersi di un tipo di comunicazione.
    Per funzionare bene in coppia non bisogna necessariamente funzionare ad ottimi livelli.
    Quando la coppia decide di andare dallo psicologo?
    Quando ormai essa è abbastanza disfatta.
    Nella terapia di coppia l’obiettivo non è sempre “rimettere insieme la coppia”.
    A volte, i due partner chiedono di capire se devono rimanere insieme oppure separarsi.
    In una coppia ci sono due processi: uno di separazione e uno di unione.
    Se la coppia è troppo fusa, si perde il processo di individuazione personale.
    Anche fare tutto insieme è pesante, eppure, delle coppie, se non fanno tutto insieme, non si sentono totalmente unite ed hanno paura di disperdersi.
    Bisognerebbe accettare l’altro così come è e non cercare di cambiarlo.
    Il rapporto di coppia perfetto non esiste.
    La coppia non deve necessariamente risolvere ogni problema.
    Su cosa deve focalizzarsi lo psicologo in caso di crisi di coppia?
    E’ importante, in certi contesti, che non si concentri solo sul passato della coppia, in quanto non risolvibile, ma che veda cosa adesso fa sì che entrambi i partner non riescano a comunicare.
    L’incontro con la coppia dura più di un colloquio individuale e di solito la verità sul loro rapporto si sa solo alla fine della seduta.
    L’ intervento non è sul singolo problema che la coppia porta, ma è sul suo spazio relazionale e la possibilità di intervenire sulla modalità di comunicazione della stessa, dove, autonomamente, i membri dovranno trovare forme più funzionali di approccio.
    In base alla tipologia dei problemi presentati dalla coppia, si impostano gli opportuni percorsi atti al superamento delle incomprensioni tra i suoi membri.
    Analizzati gli stati disfunzionali del rapporto in crisi, cambiate le strategie con cui si cercano di superare i problemi, si può assistere a possibili miglioramenti del rapporto tra i due partner.
    Purtroppo, non vi sono solo i casi in cui la coppia in crisi supera i problemi grazie anche alla terapia.
    Alcune coppie si separano senza riflettere bene su ciò che poi la separazione comporterà nella loro vita, tenendo tutto per sé, per vergogna e paura di essere giudicate, quindi senza rivolgersi ad alcun esperto o almeno ai rispettivi familiari, con conseguenze abbastanza spiacevoli.
    Il trauma della separazione dovrebbe essere supportato a livello psicologico, favorendo il cammino di reciproca comprensione degli errori commessi durante la relazione affettiva tra i membri della coppia.
    Si immagini una donna che vuole lasciare il proprio compagno dopo molti anni di vita assieme, durante i quali essi hanno avuto dei figli. Lei lo vuole lasciare poiché da tempo si sente trascurata a vari livelli e il suo interesse per il compagno è man mano scomparso; è piena di ostilità e desiderio di troncare la relazione.
    Lo dice al suo partner e va via di casa, magari portandosi anche i figli.
    Viene spontaneo chiedersi che cosa ne sarà del compagno o, ad esempio del rapporto tra egli e i suoi figli.
    E lei, si pentirà della sua decisione?
    Anche quando la relazione tra due persone sembra finita, troncarla senza permettere a chi viene abbandonato, di capire meglio la situazione, gli arrecherà un danno psicologico non indifferente.
    Allora, soprattutto se si ha in mente di separarsi dal proprio partner, dopo molti anni di vita assieme, e non si è sicuri delle scelte che si stanno per compiere, si consiglia di farsi aiutare con interventi di sostegno psicologico che facciano trovare un percorso di uscita meno doloroso possibile ai principali soggetti coinvolti, prevenendo in essi l’insorgenza di traumi che influenzeranno anche le scelte future.